Antibiotico batteriostatico a largo spettro d'azione isolato inizialmente da Streptomyces venezuelae e primo antibiotico ad essere stato prodotto completamente in laboratorio per sintesi chimica. Il cloramfenicolo inibisce la sintesi proteica dei batteri a livello ribosomiale bloccando le reazioni di transpeptidazione e di allungamento delle catene peptidiche (in particolare si lega alla subunità 50S, impedendo il legame tra l'aminoacil-tRNA ed il ribosoma). Il farmaco inoltre è in grado di inibire lo sviluppo vegetativo e la sporulazione di alcuni funghi. Si possono produrre ceppi resistenti al cloramfenicolo più frequentemente in batteri Gram-negativi (resistenza da plasmidi in ceppi con acetiltransferasi che inattiva il cloramfenicolo). La capacità del cloramfenicolo di provocare effetti collaterali gravi, come l'aplasia del midollo osseo, ha severamente limitato il suo impiego terapeutico, sebbene sia ancora in largo uso in alcuni paesi. Non deve essere somministrato per infezioni non gravi e dovrebbero essere fatte regolarmente analisi del sangue durante il trattamento. Le principali indicazioni di uso sono nel trattamento della tifoide e delle salmonellosi (insieme al suo derivato tiamfenicolo). È utilizzato nelle gravi infezioni dovute a Haemophilus influenzae, comprese la meningite attribuita a ceppi penicillino-resistenti; è stato utilizzato anche in gravi infezioni respiratorie come epiglottite e polmonite, nelle infezioni anaerobiche sostenute da Bacteroides fragilis e nelle rickettsiosi dove non siano indicate le tetracicline. Il cloramfenicolo è acido-resistente e può quindi essere somministrato per via orale, viene inoltre somministrato per via parenterale sotto forma di succinato. Ha una diffusione tissutale buona, viene glucuronato nel fegato ed eliminato in questa forma nelle urine e in minor entità nella bile. Può determinare effetti indesiderati come tossicità ematologica (pancitopenia), effetti tossici e irritativi (nausea, vomito, diarrea), ipersensibilità (poco frequente). In sigla: CAF